ASPETTI ORGANIZZATIVI ED APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE ALL’INFEZIONE IN AMBITO ORTOPEDICO

Le infezioni in ambito ortopedico rappresentano un challenge terapeutico di non facile risoluzione, considerando che nei prossimi anni saranno una delle grandi sfide che la comunità medico – scientifica mondiale dovrà affrontare necessariamente con costi ingenti e risorse umane ed economiche enormi [1].

Le premesse che stanno alla base di queste sfida incombente sono molteplici:

L’aumento ingente in termini di numeri di impianti protesici della chirurgia ortopedica (primi impianti e revisioni) nei paesi occidentali anche legato all’aumento delle aspettative di vita nei paesi più sviluppati. Le previsioni delle società scientifiche parlano di un aumento da qui al 2030 del 130% per le protesi di ginocchio e di valori leggermente inferiori per le altre articolazioni [2]: solo in Gran Bretagna si impiantano attualmente circa 800.000 protesi all’anno, delle quali si stima che circa il 70% andrà incontro a revisione mediamente a 15-20 anni dal posizionamento [3,4,5,6,7].

La percentuale di infezione di device ortopedici viene stimata attorno al 1-3% ( secondo dati sottostimati) per i primi impianti e al 10% nella chirurgia di revisione protesica: l’infezione rappresenta la complicanza più temuta dal chirurgo ortopedico [8,9,10].

I dati nazionali non sono più incoraggianti: in Lombardia i DRG di tipo chirurgico – ortopedico utilizzati per gli interventi di protesizzazione/reimpianto e di bonifica di processi infettivi sono aumentati del 19% nel 2002 al 89% nel 2009.

$1-          Lo sviluppo di agenti patogeni multiresistenti grazie all’impiego massivo di sostanze antibiotiche nella pratica medica abituale, nell’allevamento animale e nelle infezioni ospedaliere con la conseguente selezione di ceppi non responder a classi di antibiotici via via più ampie, senza dimenticare l’impegno gestionale e economico di tali terapie che si protraggono nel caso di infezioni ortopediche, perlopiù, per lunghi periodi.

$1-          La selezione di ceppi di microrganismi difficili da diagnosticare sia per caratteristiche intrinseche del germe patogeno in causa, sia per la presenza in molte strutture ospedaliere di metodiche laboratoristiche spesso insufficienti[11,12,13]: sia come varietà e tipologia di identificazione, sia come disponibilità oraria del servizio (aziende ospedaliere che non hanno al loro interno i laboratori diagnostici e si appoggiano su laboratori esterni convenzionati oppure servizi laboratoristici che effettuano orari ridotti o solo in determinati giorni e non 24 ore su 24).

$1-          L’aumento dell’età media e della sopravvivenza media nei paesi occidentali grazie anche alle nuove terapie immunosoppressive che, da una parte permettono un miglior controllo delle patologie trattate (immunodeficienze, epatopatie, forme tumorali, forme reumatologiche e autoimmuni), ma dall’altra aumentano esponenzialmente il rischio infettivo di questi pazienti[13,15,16,17,18,19,20] che, peraltro, risultano altamente complessi e richiedono spesso una delicata gestione multidisciplinare con conseguente dispendio ulteriore di risorse economiche e umane.

Tutte queste premesse ci spiegano sia l’aumento spropositato dei costi sostenuti per la prevenzione –diagnosi – cura di tali patologie, sia il comportamento di alcune Aziende Ospedaliere che optano per non trattare queste problematiche anche per strategie di tipo economico legate al rimborso del DRG dovuto, lasciando spesso il paziente da solo a migrare da uno specialista all’altro in cerca di soluzioni e risposte generando non solo ulteriori costi e disagi, ma compromettendo spesso il risultato finale.

Parallelamente si è risvegliato un grande interesse da parte delle grandi aziende farmaceutiche – scientifiche internazionali che, con uno sforzo economico di mezzi e risorse umane superiore a qualsiasi branca dell’ortopedia, ha portato allo studio e allo sviluppo di un numero sempre maggiore di devices, tools diagnostici, protesi speciali, cementi antibiotati, spacers, rivestimenti e prodotti correlati e alla creazione di divisioni specifiche di ricerca e sviluppo in questo ambito, senza tuttavia che, a questo enorme sforzo umano ed economico, corrispondesse un reale beneficio per il paziente.

In ambito ospedaliero, pur riconoscendo la necessità di impegnare in questo settore sempre maggiori risorse economiche – strumentali – umane , a tutt’oggi esistono pochi centri di eccellenza che si fanno carico perlopiù solo di singoli ambiti del trattamento o della diagnosi delle infezioni ortopediche, senza dare vita ad un percorso di presa in cura a 360° con il risultato finale di percorsi nebulosi o del tutto inesistenti dal momento in cui i pazienti non rientrano nella propria area di specifico interesse o in un DRG specifico e ben definito.

Bisogna invece tenere presente che esistono criteri strutturali e organizzativi minimi per cui il trattamento di questi pazienti possa essere considerato un vero percorso di presa in cura:

$1-          La mancanza di un laboratorio di microbiologia con la conseguente impossibilità sia di porre una diagnosi eziologica precisa, sia di monitorare l’efficacia della terapia e di verificare l’avvenuta guarigione del paziente (nell’ area metropolitana di Milano, a fronte della razionalizzazione delle spese suggerita dalla riforma sanitaria, sono previsti allo stato attuale solamente 3 Hub laboratoristici ospedalieri presso gli Ospedali Sacco, Ospedale Maggiore Policlinico e Niguarda).

$1-          La presenza di un pool di infettivologi esperti nel trattamento dei processi infettivi osteo – articolari: non tutti i pazienti necessitano infatti di trattamenti chirurgici, spesso solo di terapia antibiotiche mirate della durata di mesi o anni con la necessità di un continuo monitoraggio laboratoristico dell’efficacia e/o della tossicità di tali terapie e solo in un secondo tempo di interventi ortopedici palliativi o parziali.

$1-          Organizzazione di servizi di Day – Hospital che siano in grado di erogare sia le terapie antibiotiche che di monitorare degli esami strumentali senza dover ricorrere, quando possibile, ad una ospedalizzazione a tappeto del paziente, con un miglioramento sia della qualità di vita per il paziente stesso che evita lunghe ospedalizzazioni, sia dei costi per le aziende ospedaliere coinvolte.

$1-          Servizi ambulatoriali per la gestione delle lesioni cutanee associate spesso a queste patologie con la possibilità di eseguire medicazioni avanzate/vulnologiche complesse.

$1-          Presenza di Unità Operative ospedaliere o posti letto di tipo subacuto per la gestione delle terapie medico – farmacologiche che necessariamente debbano essere gestite in ambito ospedaliero fino alla possibilità della domiciliarizzazione del paziente stesso.

$1-          Presenza di unità operative di anestesia e rianimazione in grado di poter gestire in urgenza/emergenza le complicanze temibili e a volte fatali di queste patologie e la gestione in sicurezza con il monitoraggio peri e postoperatorio per i pazienti polipatologici o fragili.

$1-          Presenze di Unità Operative di recupero e riabilitazione per poter ottenere il ripristino della funzionalità residua o possibile nei pazienti sottoposti a trattamenti conservativi e/o chirurgici con un aumento della qualità di vita dei medesimi.

E’ necessario sottolineare come il limitarsi ad un singolo aspetto di queste complesse problematiche corre il rischio di essere considerato un comportamento limitante e magari legato ad una visione più centrata sull’aspetto economico del problema contribuendo, peraltro, all’aumento della spesa sanitaria degli ultimi anni senza un reale beneficio per i pazienti.

Ricordiamo, inoltre, che la gestione dei pazienti polipatologici risulta non solo onerosa dal punto di vista economico, ma anche estremamente complessa e difficoltosa, nonché frammentaria e incompleta, per le Unità Operative che non abbiano all’interno della loro Azienda Ospedaliera la possibilità di usufruire di una presa in carico a 360 gradi dei pazienti con una gestione integrata multidisciplinare. Risulta pertanto imprescindibile la predisposizione di percorsi di gestione del paziente che possano garantire di fronteggiare e gestire non solo i trattamenti chirurgici, ma anche le terapie farmacologiche, il monitoraggio laboratoristico, il trattamento riabilitativo, le medicazioni vulnologiche complesse e avanzate, la degenza in Unità di Subacute fino alla domiciliarizzazione delle cure, i servizi di Day – Hospital per la gestione extraospedaliera del paziente, la presenza di Unità Operative di Anestesia e Rianimazione per la gestione delle urgenze e delle emergenze, un supporto da parte di Unità Ospedaliere dell’ambito chirurgico specialistico ( Cardiochirurgia – Neurochirurgia – Chirurgia Vascolare-Chirurgia Plastica) e dell’area medica ( Cardiologia – Diabetologia – Angiologia – Medicina Interna – Malattie Infettive).

Questo concetto viene recepito e enfatizzato anche dalle riforme sanitarie regionali che pongono l’accento non su un’organizzazione di tipo ospedalocentrica ma con una presa in cura di questi pazienti da parte di Aziende Ospedaliere che possano offrire un percorso di cura completo e multidisciplinare, a prescindere da logiche prettamente finanziarie o influenzate dalle retribuzioni a DRG.

Presupposti di realizzazione:

In accordo alla recente riforma sanitaria lombarda, la realizzazione di un progetto multidisciplinare prevede una fase strutturale riorganizzativa e la creazione di percorso dedicato del paziente affetto di infezione osteoarticolare dalla gestione ambulatoriale alla sala operatoria e dimissione per una presa in cura a 360°. L’obiettivo del progetto non è quello di creare un ulteriore unità operativa ma di identificare un percorso di cura dei pazienti affetti da infezioni dell’apparato osteoarticolare a seconda della priorità clinica (acuta o cronica) e della gestione (infettivologica od ortopedica). Tale progetto fonda le sue basi economiche sul processo di razionalizzazione delle risorse, volta ad un migliore sfruttamento delle risorse economiche in termini soprattutto di personale e strutture già disponibili all’interno dell’azienda di appartenenza che ne possieda i requisiti.

Definizione delle unità operative e dei servizi:

Il coordinamento delle attività necessarie prevede interventi a tre livelli:

ambulatoriale, di degenza chirurgica/medica, di trattamento post-acuto.

ATTIVITA’ AMBULATORIALI (fig.1):

In presenza di ambulatori specialistici dedicati alle infezioni articolari effettuati separatamente da medici infettivologi e ortopedici, ed in altri casi da un team congiunto, essi dovranno essere razionalizzati offrendo un servizio di prenotazione centralizzato con un percorso di continuità di cura, dividendo i controlli dai primi accessi e dai follow-up considerando anche la provenienza dell’ invio (medicina di base, medicina specialistica, enti ospedalieri esterni, realtà socio assistenziali…)

Inoltre le sedute ambulatoriali dedicate all’esecuzione di esami colturali o bioptici dovranno essere concordate con i servizi laboratoristici (microbiologia, laboratorio, anatomia patologica) in modo che i campioni prelevati possano essere logisticamente processabili nell’immediatezza.

Parallelamente deve essere prevista la possibilità di indirizzare in maniera semplificata, i pazienti che lo necessitano, presso altri ambulatori specialistici (chirurgia plastica, vascolare, NCH, terapia del dolore ) sempre all’interno della stessa ASST, in modo da offrire una valutazione approfondita di diverse comorbidità, spesso presenti in questi pazienti.

Il servizio di Day Hospital del dipartimento delle malattie infettive agisce da riferimento sia per i pazienti dimessi (qualora necessitassero di terapie antibiotiche infusionali gestibili a livello ambulatoriale), sia per i pazienti cronici senza programma di ricovero acuto ma gestibili a livello ambulatoriale con terapie soppressive e medicazioni avanzate.

L’ambulatorio di medicazioni per “Lesioni cutanee difficili” si fa infatti carico delle medicazioni necessarie e complesse sia nei pazienti post acuti sia in quelli cronici.

DEGENZE (Fig. 2)

Degenza acuta non chirurgica: posti letto specificamente destinati al ricovero di pazienti affetti da infezione dell’apparato muscoloscheletrico senza un indicazione chirurgica ma che necessitano di terapie mediche o monitoraggio clinico riguardo al processo infettivo in corso presso il Dipartimento delle malattie infettive.

Degenza acuta chirurgica: reparto di Ortopedia con posti letto per ricovero ordinario , possibilmente con stanze espressamente dedicate a pazienti affetti da infezioni dell’apparato osteoarticolare.

Attività in regime di DH: Il servizio di Day Hospital del Dipartimento di Malattie Infettive funge da riferimento per i pazienti dimessi o cronici, qualora necessitassero di terapie antibiotiche infusionali gestibili a livello ambulatoriale sia a livello cronico che acuto.

Il DH del dipartimento chirurgico si farebbe invece carico di pazienti con necessità di piccoli interventi chirurgici nell’ ambito delle infezioni dell’apparato osteoarticolare.

Attività di consulenza specialistica in regime di ricovero/DH: le consulenze specialistiche necessarie alla cura di questi malati possono essere erogate durante la loro degenza (anestesiologica, chirurgia plastica, vascolare, neurochirurgica etc..) od in regime ambulatoriale differibile coordinando le visite di controllo.

Di assoluta importanza è considerare tali strutture di degenza come paritarie ed interscambiabili, con la possibilità di far afferire il malato ed eventualmente trasferirlo nelle suddette unità a seconda dei bisogni e dell’andamento clinico.

ATTIVITA’ POST-ACUTA (Fig.3)

Attività di degenza post acuta: Il reparto per subacuti rappresenta una ulteriore risorsa per quei pazienti ad esempio operati e non mobilizzabili al domicilio o strutture riabilitative ma con necessità di terapie mediche come terapia iperbarica, terapie antibiotiche endovenose etc. non altrimenti eseguibili.

Attività riabilitativa: l’unità di riabilitazione specialistica garantisce il supporto di degenza e le attività ambulatoriali riabilitative necessarie a garantire anche un’assistenza al recupero funzionale più vicina possibile alla normalità a tutti questi pazienti spesso debilitati da cure protratte per mesi/anni o da interventi chirurgici massivi.

Conclusioni

Le infezioni in ambito osteoarticolare rappresenteranno una sfida molto gravosa per i sistemi sanitari nei prossimi anni. Le motivazioni principali di tale situazione sono fondamentalmente da ricondursi ad un aumento delle infezioni periprotesiche legate alla diffusione di questa chirurgia, ad un l’aumento dell’età media associata sia alle conseguenti comorbosità sia alla riduzione delle difese immunitarie ed infine alla comparsa di agenti infettivi sempre più resistenti alle attuali terapie mediche.

La diagnosi ed il trattamento di queste patologie richiedono però un rapporto multidisciplinare che può alternare microbiologo, infettivologo ed ortopedico come attori principali, spesso aiutati a gestire pazienti complessi da altre figure specialistiche.

Il trattamento per questi pazienti è di varia natura e può variare da un approccio chirurgico/medico acuto ad uno cronico con tutte le relative implicazioni.

Attualmente in Italia esistono pochicentri in grado di offrire un percorso di presa in cura a prescindere che il malato sia acuto o cronico. Esistono singoli centri ultra specialistici che si occupano del trattamento chirurgico acuto di questi pazienti; a volte però i pazienti trattati e seguiti presso questi Centri, se polipatologici od estremamente complessi, possono avere necessità di venir inviati presso altre strutture per ulteriori trattamenti cronici o nel caso di complicanze, causa la mancanza delle relative strutture di supporto.

L’attuale riforma del sistema sanitario lombardo parte dalle necessità di offrire percorsi di cura allontanandosi da una logica legata al rimborso di un singolo DRG. Ovviamente per fare ciò è necessaria l’identificazione di percorsi condivisi con strutture erogatrici ben identificate in grado di offrire tutti i supporti necessari dal laboratoristico a quello di ricovero, ambulatoriale e riabilitativo.

BIBLIOGRAFIA:

1.       Kapadia BH, Berg RA, Daley JA, Fritz J, Bhave A, Mont MA. Periprosthetic joint infection. Lancet. 2016 Jan 23;387(10016):386-94

2.       Kurtz S, Ong K, Lau E, Mowat F, Halpern M. Projections of primary and revision hip and knee arthroplasty in the United States from 2005 to 2030. J bone Joint Surg Am 2007; 89: 780-85

3.       Bozic KJ, Kurtz SM, Lau E, Ong K, Chiu V, Vail TP, et al. The Epidemiology of Revision Total Knee Arthroplasty in the United States. Clin Orthop Relat Res. 2010;468(1):45–51.

4.       Kapadia BH, Banerjee S, Cherian JJ, Bozic KJ, Mont MA. The Economic Impact of Periprosthetic Infections After Total Hip Arthroplasty at a Specialized Tertiary-Care Center; J Arthroplasty 2016;

5.       Parvizi J, Zmistowski B, Berbari EF, Bauer TW, Springer BD, Della Valle CJ, et al. New definition for periprosthetic joint infection: from the Workgroup of Musculoskeletal Infection Society. Clin Orthop Relat Res. 2011; 469(11):2992-4.

6.       Proceedings of the International Consensus Meeting on Periprosthetic Joint Infection. Foreword. J Orthop Res. 2014; 32:2-3.

7.       Parvizi J, Gehrke T, Chen AF. Proceedings of the International Consensus on Periprosthetic Joint Infection. Bone Joint J 2013; 95: 1450–52.

8.       Leone S, Borrè S and GISIG Working Group on Prosthetic Joint Infections “Consensus document on controversial issue in the diagnosis and treatment of prosthetic joint infections” Int.J.Infect.Dis. 2010;14S4:567-77

9.       Maderazo EG, Judson S, Pasternak H. Late infections of total joint prostheses. A review and recommendations for prevention. Clin Orthop Relat Res. 1988;(229):131-42.

10.   Pulido L, Ghanem E, Joshi A, Purtill JJ, Parvizi J. Periprosthetic joint infection: the incidence, timing, and predisposing factors. Clin Orthop Relat Res 2008; 466: 1710–15.

11.   Aggarwal VK, Bakhshi H, Ecker NU, Parvizi J, Gehrke T, Kendoff D. Organism profile in periprosthetic joint infection: pathogens differ at two arthroplasty infection referral centers in Europe and in the United States. J Knee Surg 2014; 27: 399–406.

12.   Garvin KL, Hinrichs SH, Urban JA. Emerging antibiotic-resistant bacteria. Their treatment in total joint arthroplasty.Clin Orthop Relat Res 1999; 369: 110–23.

13.   Corvec S, Loiez C, Portillo ME, Rottman M, Trampuz A. Bone and Joint infections. In European manual of Clinical microbiology, 1st Ed. Edtors: Cornaglia G. Courcol  Herrmann JL, Kahlmeter G, Peigue-Lafeuille H, Vila J. 2012b, pp 227-34.

14.   Kunutsor SK, Whitehouse MR, Blom AW, Beswick AD, INFORM Team (2016) Patient-Related Risk factors for Periprosthetic Joint Infection after Total joint arthroplasty: A Systematic review and Meta-Analysis. PLoS ONE 11(3): e0150866. doi:10.1371/journal.pone.0150866.

15.   Kapadia BH, Johnson AJ, Naziri Q, Mont MA, Delanois RE, Bonutti PM. Increased revision rates after total knee arthroplasty in patients who smoke. J Arthroplasty 2012; 27: 1690–95.

16.   Pour AE, Matar WY, Jafari SM, Purtill JJ, Austin MS, Parvizi J. Total joint arthroplasty in patients with hepatitis C.J Bone Joint Surg Am 2011; 93: 1448–54.

17.   Peersman G, Laskin R, Davis J, Peterson M. Infection in total knee replacement: a retrospective review of 6489 total knee replacements. Clin Orthop Relat Res 2001; 392: 15–23.

18.   Mainous MR, Deitch EA. Nutrition and infection.Surg Clin North Am 1994; 74: 659–76.

19.   Srinivasa BT, Alizadehfar R, Desrosiers M, Shuster J, Pai NP, Tsoukas CM. Adult primary immune deficiency: what are we missing? Am J Med 2012; 125: 779–86.

20.   Boyle JM, Buckley RH. Population prevalence of diagnosed primary immunodeficiency diseases in the United States. J Clin Immunol 2007; 27: 497–502.

21.   Blackburn WD Jr, Alarcón GS. Prosthetic joint infections. A role for prophylaxis. Arthritis Rheum 1991; 34: 110–17.

22.   Rodriguez D, Pigrau C, Euba G, et al. Acute haematogenous prosthetic joint infection: prospective evaluation of medical and surgical management. Clin Microb Infect 2010; 16: 1789–95

23.   Davud M, Douglas R. Osmon MD, MPH, Brian D. Lahr MS, Arlen D. Hanssen MD, Elie F. Berbari MD “Prior Use of Antimicrobial Therapy is a Risk Factor for Culture-negative Prosthetic Joint Infection”. Clin Orthop Relat Res 2010;468:2039–2045

Info

  • Dr Alfonso Manzotti

  • UO Ortopedia e Traumatologia, AO-Polo Universitario Ospedale L. Sacco

  • Via GB Grassi 74, Milano

  • 02.39043104

2021 All right reserved Am-chirurgiaortopedica.it | Privacy policy | Web agency